RB 6,8 – Le buffonerie poi, le parole vane e volgari che possono incitare al riuso smodato, le escludiamo per sempre e nel modo più assoluto da tutto l’ambito del monastero, e non permettiamo che il discepolo apra la bocca a così indegne espressioni.

In monastero non è bandito il sorriso e il riso, non si deve essere musoni e tristi. C’è però un umorismo sano e uno volgare e negativo che ridicolizza e sminuisce. Questo è ciò che Benedetto vuole evitare, perché non costruisce comunione e relazioni serene, ma al contrario crea divisioni e malumori.

Le buffonerie e le volgarità sono quelle parole che ledono la persona e alla fine sminuiscono la dignità anche di chi le pronuncia, perché mostrano superficialità e cattiveria. L’umorismo dovrebbe invece essere una risorsa per alleggerire la vita, le tensioni, e rendere le relazioni più umane. Per questo richiede intelligenza, ma anche equilibrio, perché come in tutte le cose l’esagerazione rovina.

Occorre saper avere un sano umorismo anche con se stessi, saper ridimensionare le cose e sapersi prendere un po’ in giro con leggerezza. L’eccesso di serietà rischia di farci vivere situazioni difficili come tragiche, cioè di farci perdere speranza e fiducia. L’umorismo può aiutarci a porre un po’ di distanza tra ciò che stiamo vivendo per vederlo da un altro punto di vista, certamente un po’ comico e falsato, ma che ci può aiutare a vedere ciò che non vediamo, a intuire un’altra possibile soluzione. Il comico può cioè aiutarci a comprendere con maggiore equilibrio la realtà, anche se parte da una sua deformazione.

Quando però si fanno battute o si cerca di sdrammatizzare una situazione occorre saper cogliere come l’altro è in grado di recepirle. Non devono mai ferire e umiliare, anche se si gioca su un limite o difetto. Deve trasparire sempre la benevolenza e la simpatia. Una battuta è riuscita quando rafforza le relazioni. Se crea tensioni vuol dire che qualcosa non ha funzionato. Abbiamo esagerato o abbiamo sbagliato modo. Occorre sapersi accorgere dell’effetto che genera nell’altro per potersi correggere o in caso chiedere scusa e porre una parola di riconciliazione.