RB 5,12-13 – Essi perciò non vivono a loro arbitrio, non si lasciano dominare dalle loro voglie capricciose e istintive, ma piuttosto camminano lasciandosi guidare dall’altrui giudizio e comando. Dimorando stabilmente nel cenobio, desiderano avere un abate cui obbedire. Uomini simili si conformano certamente alla parola del Signore che dice: Non sono venuto per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.

La citazione del vangelo di Giovanni 6,38 è la  chiave con cui leggere questi versetti. Come Gesù, anche noi siamo chiamati a compiere la volontà del Padre. Per fare ciò occorre ricercare e farsi guidare dai principi che ci sono trasmessi attraverso la parola e l’esempio di Gesù. Si tratta di passare da un decidere lasciandoci guidare dalla nostra istintività e voglia, a un decidere compiendo un discernimento guidato dalla Scrittura.

In essa non troviamo le risposte immediate, le soluzioni ai singoli episodi, ma i criteri, i principi, che poi noi dobbiamo imparare ad applicare, a incarnare nella nostra situazione. Nel vangelo di Matteo, al capitolo 5 Gesù ci insegna come leggere e portare a compimento i comandamenti. Non basta fermarsi a un’esecuzione formale. Occorre capirne la logica per poterla applicare alla nostra vita.

In monastero si compie questo cammino con l’aiuto e la guida di una persona, l’abate, che insegna a compiere questo discernimento, a porsi in ricerca della volontà di Dio sapendo andare al di là della propria. Questo è un cammino che richiede perseveranza, qui espressa con l’immagine di dimorare stabilmente. Il confronto con una persona ci aiuta a riconoscere le nostre reazioni istintive, a smascherare le nostre voglie, per capire dove passa invece il progetto di Dio. Si tratta di imparare a cammino illuminati da Dio e non presumendo di vedere nel buio. Non è un rinunciare alla nostra libertà, ma un educarla a confrontarsi e ad esercitarsi ponendosi in un progetto di vita più grande di noi.