RB 5,9-11 – Avviene perciò che, prendendo impulso dal timor di Dio, l’ordine dato dal maestro e la perfetta esecuzione del discepolo procedono insieme, rapidissimi, con una simultaneità sorprendente. E questo si verifica in quelli che, spinti dall’amore, sentono l’urgenza di raggiungere la vita eterna. Intraprendono così la via stretta di cui il Signore dice: Angusta è la via che conduce alla vita.

Sono due le indicazioni interessanti. La relazione maestro – discepolo è fondamentale. L’obbedienza non ha lo scopo di mantenere nell’ignoranza o nella sottomissione, ma di educare, di far crescere. Ci può essere chiesta una cosa che non capiamo ancora, ma proprio perché iniziando a praticarla ne possiamo scoprire il valore. Tutti abbiamo fatti l’esperienza di come vi sono valori che si possono assimilare solo iniziando a viverli perché dall’interno ne scopriamo le dinamiche. Non basta una spiegazione o una descrizione.

Inoltre questa relazione dice il tipo di fiducia e di stima che vi deve essere. Non si tratta di un’obbedienza cieca prestata a chiunque. Il maestro è colui che riconosciamo come fonte di sapienza esistenziale, come un esempio, come una persona che con la sua stessa vita e la sua parola ci può condurre alla “vita eterna” cioè alla pienezza della nostra realizzazione umana e spirituale.

Il secondo aspetto è la motivazione: spinti dall’amore. Si è spinti, mossi, da un desiderio positivo, dall’amore. Certamente a volte vi è anche una dimensione di fatica. Benedetto parla di via stretta, ma che conduce alla vita. L’attenzione è da porre più sulla meta che sui singoli passaggi. L’obbedienza deve non solo nascere dall’amore, ma far crescere questo sentimento.