RB 5,14 – Questa obbedienza, però, sarà gradita a Dio e dolce agli uomini soltanto se l’ordine sarà eseguito senza esitazione, senza indolenza e tiepidezza, senza mormorazione o esplicito rifiuto.

La sequenza di atteggiamenti presentata da Benedetto: esitazione, indolenza, tiepidezza, mormorazione, esplicito rifiuto, riassumono le tappe che portano al rifiuto e ci mostrano come si incomincia sempre con atteggiamenti apparentemente poco importanti, ma che possono essere la radice di qualcosa di molto più significativo. Il discernimento è proprio la capacità di intuire dove ci possono portare certi atteggiamenti o sentimenti che nascono nel nostro cuore.

L’esitazione può indicare quella specie di incertezza che ci fa dubitare della bontà della cosa. Di per sé non c’è nulla di male, ma questo dubbio è come un tarlo che ci toglie le energie, la voglia, lo slancio. Mi viene chiesta una cosa e incomincio a fare mille ragionamenti sui pro e i contro, sui vantaggi e gli svantaggi, e senza accorgermi ignoro la fiducia nella persona che mi ha chiesto quella cosa e mi lascio guidare solo dai miei interessi. L’obbedienza invece mi chiede sempre un decentramento.

Se anche la faccio incomincio in modo svogliato, di contro voglia, con indolenza. Faccio per forza e non più per amore, non più come gesto di servizio a favore dell’altro. In questo modo svuoto di valore il gesto che compio. Non è più un donarmi, e questo traspare anche dal modo, dal volto, dalle parole… La tiepidezza è proprio questo aver perso l’anima del servire, che è l’amore. Si compiono gesti di malavoglia, senza anima e alla fine senza risultato.

Più restiamo in questo atteggiamento e più facilmente arriviamo alla mormorazione, cioè a quella lamentela velenosa che diventa critica sterile, distruttiva, che vede tutto nero e azzera cose e persone. Il malcontento che abita il nostro cuore trabocca e si esprime in parole che demoliscono le persone, le loro intenzioni, il loro valore. E’ come se volessimo che quell’amaro che c’è in noi contaminasse anche gli altri che invece sono sereni e felici. Invece di gioire del bene e bello che c’è attorno a noi, lo vogliamo eliminare.

Il rifiuto esplicito è l’esito finale di un rifiuto più radicale della persona che ci ha chiesto quella cosa, della realtà che ci circonda e che non sentiamo più nostra, è l’esplicitarsi di un isolamento in cui siamo scivolati senza accorgercene. Per difendere me stesso ho rifiutato l’altro, ma alla fine sono rimasto più solo e vuoto di prima, più povero. Il tentativo di difendermi alla fine mi ha ucciso.