RB 4,57-58 – Ogni giorno, nella preghiera, confessare a Dio le proprie colpe passate, con lacrime e gemiti, e correggersi per non commetterne più in futuro.

Non è con le nostre sole forze che riusciamo a correggerci, per questo ogni desiderio di conversione deve nascere e sostenersi nella preghiera: egli si illude con se stesso nel ricercare la sua colpa e detestarla (Sal 35,3). Se è indispensabile che entri in gioco la nostra volontà, questa da sola non basta. Da parte nostra deve esserci anche una sincera e profonda comprensione del male provocato, qui espresso con l’immagine delle lacrime e dei gemiti. Da questi sentimenti deve nascere l’invocazione dell’aiuto della grazia di Dio.

Questo movimento non deve però bloccarci nel passato, perché la prospettiva è quella di un futuro rinnovato. Ci rivolgiamo a Dio proprio perché Lui solo può trasformare il male in bene e può liberarci dalle catene di comportamenti che ci condizionano e bloccano. E’ il suo perdono che ci ridona forza e libertà. Facciamo memoria non solo del nostro peccato, ma soprattutto del suo perdono che ha vinto il nostro peccato. La confessione non deve essere il sacramento della depressione, dove ci piangiamo addosso per le nostre miserie e fallimenti, ma il sacramento della speranza per la potenza della grazia di Dio che ci sostiene e ci libera con il suo perdono. Facciamo memoria della sua vittoria sul nostro peccato, e in questa troviamo la forza per riprendere il cammino ogni qual volta manchiamo.

Ogni giorno abbiamo bisogno di ri-attingere a questa speranza, di ritornare alla Sua vittoria sulla morte e sul male, perché ogni giorno nella nostra vita sperimentiamo la nostra fragilità. La tristezza e lo scoraggiamento devono essere vinti dalla fiducia nel suo amore, dalla certezza del suo perdono, dall’abbandono alla sua volontà di vita per noi.