RB 5,5-6 – Proprio di costoro il Signore dice: All’udirmi, subito mi obbedivano. E ancora, rivolgendosi ai maestri della fede, egli dichiara: Chi ascolta voi, ascolta me.

Benedetto cita due versetti, uno tratto dal salmo 18 e il secondo dal vangelo di Luca, per ricordarci l’orizzonte nel quale va posta l’obbedienza. Il nostro desiderio di compiere la volontà di Dio, di fare la sua volontà, non può essere astratto e non può neppure scivolare in una sorta di intimismo, dove posso illudermi di avere una sorta di contatto diretto e sicuro con Dio. Tutta la Scrittura ci mostra come Dio si manifesta nella storia, e se noi ci astraiamo da essa perdiamo la capacità di riconoscerlo.

Dio lo ascoltiamo negli uomini, attraverso gli uomini, anche se in modo mediato e quindi da discernere e verificare. Gesù stesso, alle parole della donna siro-fenicia (cfr. Mc 7,24-30), cambia atteggiamento riconoscendo un segno, un’indicazione del Padre.

L’obbedienza è quindi un ascolto alla ricerca della volontà di Dio. Un ascolto che sa che lo Spirito Santo agisce e passa nelle pieghe della nostra storia e può servirsi di chiunque per farci giungere una parola di vita. Il Concilio Vaticano II ha coniato l’espressione “segni dei tempi” per indicare questa presenza-azione dello Spirito Santo nella storia. Possiamo aggiungere che le persone che ci vivono accanto possono essere gli strumenti con cui Dio ci vuole guidare. Occorre ascoltare e discernere, per essere cercatori di Dio e suoi fedeli discepoli. Il nostro cuore è il luogo del discernimento, in cui riconoscere i suoi appelli, grazie alla sensibilità che ci dona la preghiera e la meditazione della Scrittura. E’ proprio l’incontro tra storia e Scrittura che ci permette di riconoscere e compiere la volontà di Dio. La Scrittura senza storia presta parola morta, la storia senza la Scrittura non trova un senso e un criterio di verità.