RB 4,41 – Riporre in Dio tutta la propria speranza.

Il rischio di ogni cammino umano è quello di porre se stessi al centro. Di fatto sono io che devo discernere, che devo scegliere, che devo operare. Qual è il ruolo di Dio? Per assurdo si potrebbe vivere in nome di Dio senza Dio. Pensiamo alla vicenda del profeta Elia. Difensore di Dio oltre ciò che Dio chiede.

La domanda: Cosa fai qui Elia? E’ un invito a prendere coscienza se non siamo troppo sicuri di noi stessi al punto da non riconoscere e ascoltare più la sua voce, ma seguire e difendere una nostra immagine di lui. Se riponiamo la nostra speranza solo in Lui significa che dobbiamo continuamente rivolgerci a Lui, cercare e trovare in Lui i criteri e le motivazioni del nostro agire. Non è la nostra logica, la nostra coerenza, il nostro orgoglio, ma la sua volontà che ci deve guidare.

Il monaco desidera vivere proteso verso Dio, per questo decentrato, in questo modo fondato in Dio. Riporre in Dio tutta la propria speranza non significa sperare che sia Lui a portare a compimento le mie scelte, ma al contrario, fare mia la sua volontà perché in essa riconosco e scopro la speranza della mia vita, la possibilità della mia gioia. Non spero che Lui serva me, ma io mi metto al suo servizio.

E il difficile forse è proprio restare al suo servizio, cioè non rimanere vittime dell’illusione di possedere Dio, di sapere cosa vuole. Siamo sempre invitati e cercare, e verificare, a riconoscere dove si trova la vera sorgente del bene. E il luogo dove è più subdolo l’inganno è la giustizia. Quale giustizia di fatto perseguo e pretendo? La mia o quella di Dio? E per capirlo c’è un solo modo, ritornare ai racconti evangelici che ci invitano a superare la giustizia degli scribi e dei farisei, non diventando più legalisti di loro, ma giungendo a un’altra giustizia.