RB 2,23-25 – Nel suo insegnamento l’abate ponga sempre attenzione ad attuare il consiglio dell’Apostolo: Ammonisci, rimprovera, esorta; vale a dire, alternando secondo i momenti e le circostanze la severità e la dolcezza, si mostri insieme esigente maestro e tenerissimo padre. Deve infatti correggere con fermezza gli indisciplinati e i ribelli, ma esortare a progredire sempre più nel bene i discepoli che già si mostrano obbedienti, miti e pazienti. Questo poi gli raccomandiamo: di rimproverare e punire i negligenti e i dispregiatori.

Esigenza e tenerezza non sono due atteggiamenti opposti, ma due aspetti di un unico amore: “Tenerissimo padre ed esigente maestro”. Infatti non va confusa la tenerezza con la mollezza o la complicità.

La tenerezza è quella dimensione dell’amore più calda che entra in gioco quando è presente l’impegno e la dedizione, quando, a prescindere dai risultati, il fratello è sinceramente impegnato. A volte può infatti capitare che a scapito delle energie investite non si vedano i risultati sperati e questo può portare allo scoraggiamento. Ecco che allora la tenerezza è come un lenitivo e un segno di vicinanza perché non venga meno la speranza. Quando poi si possono anche gustare i frutti di questa dedizione, la tenerezza è come un meritato premio.

L’esigenza emerge quando ci si accorge che invece quello che manca è proprio la dedizione, quando ci si accorge che un fratello potrebbe fare di più e meglio, ma non si gioca o lo fa in modo sbagliato. La parola di richiamo, di rimprovero, di ammonimento, non sono un giudizio, ma un aiuto ad aprire gli occhi sulla propria situazione.

L’amore di un padre si declina attraverso diversi registri e se ci si aspetta solo uno di questi significa che non si è maturi. Non si è cioè capaci di riconoscere il vero amore che vuole il bene e la vita del figlio e non le coccole simpatiche. Il padre non è colui che asseconda i miei desideri, ma li vaglia e se è necessario ne mostra l’aspetto negativo.

Compito del padre dovrebbe essere anche quello di far si che i figli acquisiscano questa capacità di discernimento di modo che sappiano essi stessi riconoscere i desideri positivi da quelli che sono ripiegamenti, sappiano conoscere e gestire i loro limiti e le loro povertà. Penso che la gioia più grande di un padre è vedere i suoi figli capaci di crescere senza più il bisogno di un suo intervento di richiamo o di incoraggiamento, perché capaci di riconoscere le loro ricchezze e le loro povertà e di saperle gestire al meglio.