Prologo 45-48 – Eccoci dunque a istituire una scuola del servizio del Signore; in essa non vorremmo stabilire nulla di austero e pesante; tuttavia, se, nell’intento di tenere un giusto equilibrio, si riterrà necessario introdurvi qualcosa di più esigente che giovi a correggere i vizi e a conservare la carità, tu, sopraffatto dal timore, non fuggire subito lontano dalla via della salvezza.

L’immagine dell’istituzione di una scuola per il servizio del Signore ci suggerisce subito l’idea che il cammino di sequela non è così immediato e spontaneo, occorre un percorso di apprendistato. Se è vero che nel nostro cuore dimora lo Spirito Santo, nostro maestro interiore, Benedetto ci dice che è necessaria una mediazione più “esteriore”. La Regola metterà in campo molti strumenti e a più livelli, per farci progredire, senza per questo pretendere di essere l’unico “testo scolastico”.

Siamo da subito avvisati che questo apprendistato, pur non volendo essere austero e pesante, sarà esigente, perché vi sono in ciascuno di noi degli aspetti che vanno corretti, e che qui sono indicati come vizi, e perché la costanza e perseveranza non è sempre facile.  Conoscersi in profondità e verità sarà il primo passo. Sempre però con fiducia e speranza, perché è un processo di crescita e maturazione.

La fatica non ha uno scopo penitenziale, ma fa parte del cammino reale, e potremmo dire che è una faccia della medaglia della vita. La strada che conduce alla carità e alla salvezza, che è il fine e la meta, presenterà momenti più luminosi e gioiosi e altri più faticosi e provanti, e questo in modo differente per ciascuno. Lo scoprire e il riconoscere i propri limiti e povertà è la prima forma di sofferenza e purificazione che incontreremo.