RB 4,74 – E della misericordia di Dio mai disperare.

La disperazione è la grande tentazione. Essa può essere provocata e alimentata da diversi tipi di esperienze. Può essere la fatica ad accettare dei nostri limiti e povertà che ci fanno sentire inadeguati, mancanti, insignificanti. Può essere la fatica di difficoltà esterne che ci soffocano, che ci perseguitano non dandoci tregua e facendoci sentire assediati. Può essere la fatica di sentirsi soli, incompresi, scartati da tutti o dalle persone più significative per noi. Può essere la fatica di un’aridità spirituale che ci fa sentire abbandonati da Dio, maledetti ai suoi occhi, non voluti.

Il divisore gioca sempre su situazioni che hanno anche una loro oggettività, ma per farle apparire ai nostri occhi come assolute. Il primo segno è la tristezza che avvolge il nostro cuore. Questa deve essere per noi un richiamo a scuoterci. La tristezza è infatti sempre l’effetto del male che cerca di soffocare il nostro cuore, e deve quindi farci capire che stiamo sbagliando lettura, direzione.

Ritornando alla Scrittura dobbiamo riscoprire come Dio si fa vicino proprio a quanti si sentivano impresentabili. Dio cerca chi si è perduto, cura chi è ammalato, libera chi è bloccato. La nostra povertà, il nostro peccato, attirano l’amore di Dio, la sua misericordia, perché esprimono il nostro bisogno. Non dobbiamo vergognarci e rifiutare il suo chinarsi su di noi. Dobbiamo avere paura solo di questo nostro tentativo di sfuggire alla sua misericordia, motivato da un distorto senso di colpa. Distorto perché cerca di separarci da Colui che ci può salvare.

E la disperazione può giungere anche in monastero, se ci lasciamo come risucchiare dal male che ci tocca, perdendo la capacità di far memoria di tanto bene che ci ha consolato, e soprattutto dell’esperienza della vicinanza benevola di Dio. L’orizzonte non deve mai stringersi fino a diventare un buco nero. E’ il segno che ci stiamo lasciando condizionare dal maligno.