RB 3,3-6 – Abbiamo detto di chiamare a consiglio tutti i fratelli perché spesso proprio al più giovane il Signore manifesta ciò che è meglio fare. I fratelli espongano il loro parere con tutta la sottomissione che l’umiltà ispira, e non abbiano la presunzione di sostenere con arroganza il loro punto di vista. La decisione, invece, dipenda dall’abate; e in ciò che egli avrà giudicato più opportuno, tutti obbediscano. Tuttavia, come è giusto che i discepoli obbediscano al maestro, così pure si richiede che il maestro, da parte sua, disponga ogni cosa con saggezza ed equità.

Mi soffermo ancora su questi versetti perché sono molto ricchi e affrontano aspetti importanti del vivere insieme, sia che si tratti di una comunità, che di una famiglia.

La comunione la si costruisce non solo dicendo, ma anche e soprattutto ascoltando. Non è quindi importante solo il modo con cui si espone il proprio pensiero, ma anche il modo con cui si ascolta quello dell’altro. Occorre essere disponibili ad ascoltare il punto di vista dell’altro, che significa disposti a cercare di vedere e trovare l’aspetto positivo che c’è, e non l’aspetto che si oppone al mio per criticarlo o respingerlo. Non assumere un atteggiamento difensivo, magari con smorfie e sguardi, ma accogliente. Questo non significa neppure che tutto quello che l’altro dice è oro colato. Sono chiamato a valutare e discernere, ma con un atteggiamento di base positivo, disposto a valorizzare ciò che c’è di buono.

Solo dopo che tutti hanno avuto la possibilità e il tempo di esprimersi può iniziare una fase dialettica, in cui riprendere quanto emerso, ma sempre con toni e atteggiamenti benevoli. Si è tutti alla ricerca di un bene che non è patrimonio esclusivo di nessuno. Non bisogna mai farsi vincere dalla tentazione di prendere una posizione in base a chi ha parlato, e non in base al contenuto dell’intervento.

Il raccogliersi insieme è quindi positivo solo se si vive l’incontro con questi atteggiamenti, e questo richiede fatica, e per qualcuno può essere anche molto faticoso il dominarsi per parlare e ascoltare in questo modo. Più che la quantità è allora importante la qualità, la modalità del trovarsi a discutere. Un esempio negativo purtroppo ci viene a volte dal mondo della politica dove spesso vi è una discussione tra sordi fatta di insulti, e questo non costruisce nessuna unità e neppure aiuta a trovare le soluzioni migliori per il bene comune.

Come abbiamo già visto, l’abate ha un ruolo centrale in questo momento assembleare. Non è semplicemente il moderatore, colui che si preoccupa che tutti abbiano uno spazio per esporre il proprio pensiero, che non si scivoli nella polemica o nelle accuse reciproche, ma è chiamato a compiere un discernimento e guidare all’unità la comunità. Al termine dell’incontro si deve arrivare a una posizione comune assunta e fatta propria da tutti. E’ responsabilità di tutti la buona riuscita del lavorare insieme.