Prologo 48-50 – Tu, sopraffatto dal timore, non fuggire subito lontano dalla via della salvezza. È naturale infatti che, agli inizi, la via sia stretta e faticosa, ma poi, avanzando nel cammino di conversione e di fede, si corre con cuore dilatato e con ineffabile dolcezza di amore sulla via dei divini comandamenti. E così, non scostandoci mai dal magistero di Dio, anzi perseverando nel suo insegnamento, stabili in monastero fino alla morte, parteciperemo, con il nostro mite patire, alle sofferenze del Cristo, per meritare di condividere pure la gloria nel suo Regno.

Il monastero è una scuola in cui tutti, a partire dall’abate fino all’ultimo postulante, imparano a servire il Signore. E’ una scuola che dura tutta la vita perché non si è mai finito di imparare, e perché questo apprendimento richiede tempi lunghi, passaggi esistenziali che non sono frutto solo di comprensione razionale, ma di tempi di sedimentazione e purificazione. Ogni cammino di maturazione richiede fatica e a volte sofferenza. Questo non significa che si deve essere tristi e musoni, ma che si deve avere la capacità di affrontare con leggerezza, e con il sorriso, anche il tempo della fatica e del dolore. Occorre cioè saperli affrontare ponendoli in un contesto più ampio dove il fine è la vita e la gioia piena.

L’immagine del “servizio” per indicare la relazione con Dio è biblica. Nel linguaggio comune l’espressione: una vita al servizio di Dio indica una vita dedicata a Dio, che cioè ne ha fatto il centro, il fine, l’elemento totalizzante. Questa espressione dice bene l’idea di Benedetto. Un orientamento totalizzante della vita richiede tempo non solo perché siamo chiamati a lavorare su noi stessi, ma anche perché siamo impegnati in una scoperta del volto di Dio e del suo cuore, cioè di ciò che lo rallegra. Potremmo dire che scopo della nostra vita è rallegrare il cuore di Dio e partecipare a questa sua gioia.

Il cammino di conversione si alleggerisce e si mantiene leggero nella misura dell’intensità della nostra vita interiore. Il desiderio, l’affetto, la ricerca di Dio li si coltiva con la preghiera, con la lettura, con il vivere quotidianamente gesti di accoglienza reciproca e di carità. La stabilità, la perseveranza, non rendono pesante il cammino di conversione se la nostra relazione con Dio si rinnova ogni giorno. Se invece di vivere con intensità, subiamo gli impegni, il ritmo delle giornate, allora tutto si fa ogni giorno più pesante e faticoso.